Il bisogno di pensione


 
L'atteggiamento più radicato in noi nei confronti del risparmio è nell’espressione "Quel che ho in più lo metto da parte perché domani non si sa mai cosa potrà accadere".

Prevedere e risparmiare sono atteggiamenti profondamente radicati nel nostro codice genetico. Investire, cioè impiegare il risparmio con un obiettivo è un comportamento generalmente acquisito, quindi il bisogno di "Previdenza" in ordine al proprio futuro è un problema molto sentito da parte di tutti.

Quali sono state nel tempo le soluzioni adatte per soddisfare questo bisogno?

Il bisogno di "Previdenza" ha trovato, nel corso dei secoli, le soluzioni più praticate nelle rendite agricole e immobiliari per le classi nobili e più agiate. Per le classi meno agiate (lavoratori subordinati e contadini) la soluzione era insita nell'organizzazione familiare di tipo patriarcale dove la solidarietà reciproca dava la possibilità di poter trascorrere serenamente la vecchiaia. La rivoluzione industriale, il conseguente venir meno della famiglia patriarcale e il costante aumento della vita media ha creato e creerà sempre più il problema della sopravvivenza economica negli anni della terza e quarta età.

Una percezione maggiore e più diffusa della necessità di premunirsi in tempo per far fronte a questa evenienza è, pertanto, inevitabile.
Questo bisogno trova uno sbocco concreto: la rendita vitalizia assicurativa si configura come uno strumento capace di prolungare la capacità di guadagno dell'individuo, ora strettamente connessa alla sua attività lavorativa.

L'agire dell'uomo è caratterizzato dall'attenzione a soddisfare i più disparati bisogni, percepiti con diversi gradi di urgenza e di intensità. La sopravvivenza e la sicurezza sono ritenuti bisogni primari di base, di conseguenza i bisogni di livello superiore non sono motivanti per l'individuo se non sono curati in modo soddisfacente i bisogni primari ed in particolare il bisogno di sicurezza.

Soddisfare i bisogni di sicurezza vuol dire avere la ragionevole speranza che i fattori che assicurano i bisogni primari di sopravvivenza: nutrirsi, vestirsi, ripararsi, ecc.  non vadano costruiti ogni giorno partendo da zero, ma che siano garantiti anche per il futuro. Sicurezza è avere un'occupazione il più possibile stabile, è vivere in un luogo protetto da pericoli, è poter contare su una rete di servizi per i momenti di necessità. Poter contare sul probabile soddisfacimento dei bisogni di sicurezza fa vivere con minore ansia e con maggiore tranquillità, sia nell'ambito lavorativo che in quello familiare, oltre che, più in generale, nelle relazioni con gli altri e con l'ambiente in cui si vive. Sicurezza è anche sapere di poter contare su un soddisfacente tenore di vita, ossia di un confortevole reddito, anche per il momento in cui si sarà abbandonato il lavoro. Questo particolare bisogno di sicurezza, il bisogno pensionistico, in tutte le nazioni economicamente più evolute è assicurato dal sistema previdenziale, nelle sue componenti sia pubbliche che private.

Oltre a motivi evidenziati in precedenza c’è un altro fattore molto importante che influenza sensibilmente l'autopercezione del proprio futuro: il livello di Previdenza garantito dallo Stato.
 
La vita media degli italiani si avvia verso i 100 anni. Diventa sempre più lungo il periodo da trascorrere in pensione e, di conseguenza, cresce sempre più l'importanza di garantirsi la sicurezza economica nella terza e quarta età. Per questo, le crescenti difficoltà della previdenza pubblica nel fornire le prestazioni pensionistiche preoccupano non poco tutti gli italiani di ciò che sarà della propria pensione. 

Come mai si è creata questa situazione? Perché non possono più essere pagate pensioni dello stesso livello di quelle erogate fino ad oggi? 

L'illusione, coltivata a lungo da milioni di italiani, era che lo Stato potesse far fronte ad ogni necessità. Il Sistema Previdenziale italiano è basato sul meccanismo della ripartizione e cioè per pagare le pensioni vengono utilizzati i versamenti di chi lavora. Questo meccanismo si basava sul presupposto che i contributi pagati dai lavoratori sarebbero stati sempre sufficienti per erogare le pensioni.

Purtroppo il meccanismo è andato in tilt, infatti l'allungamento della vita media e la riduzione della nascite hanno provocato una situazione insostenibile ci si è trovati contemporaneamente con un numero di pensionati molto superiore al previsto e con un numero di persone attive più basso.

Ma la crisi della Previdenza Pubblica non dipende solo da questo errore di calcolo, ci sono altri motivi che l'hanno determinata e che l'aggraveranno ancora di più. 

Vediamo quali sono:

Un altro grave elemento di squilibrio è costituito dalla generosità delle prestazioni pensionistiche. Nessun Paese al mondo, tranne l’Italia, ha corrisposto l’80% della retribuzione ai pensionati che avevano raggiunto 40 anni di anzianità contributiva. 
All’estero, la pensione pubblica e molto più bassa. Da questo si potrebbe dedurre che i pensionati belgi, giapponesi, francesi, inglesi, tedeschi stanno peggio dei nostri. Non è così anzi spesso è vero il contrario. Da tempo i cittadini degli altri Paesi hanno provveduto ad integrare la pensione pubblica, infatti tutti coloro che si trovano in età lavorativa destinano una quota importante dei lori risparmi ai fondi pensione e ai piani pensionistici integrativi. Non avendo avuto uno Stato assistenziale come il nostro, sono più preparati ad affrontare gli incerti della vita e possono guardare al la vecchiaia con maggior serenità.

Si è venuto a creare così un paradosso. Gli italiani che erano i più protetti, che percepivano una pensione pubblica mediamente più alta degli altri, sono ora quelli che possono contare su delle prestazioni meno consistenti, anzi sono quelli più scoperti in assoluto.


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